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Sessantasei anni dopo

dicembre 11, 2011

Benito Mussolini giace nella tomba dal 1945.

In sessantasei anni è cambiato il mondo come non è cambiato in duemila.

Sessantasei anni di antifascismo: scritto, parlato, meditato e militato; antifascismo quotidiano: nelle scuole, nelle università, nei posti di lavoro, sul treno e sull’autobus; antifascismo di lotta, in piazza e di governo, in parlamento; presidenti della repubblica antifascisti e maestre dell’asilo antifasciste; scrittori, giornalisti, ballerine, cortigiane, pervertiti e damerini antifascisti.

Televisione e radio, giornali e riviste, naturalmente antifascisti.

Chiunque, da sessantasei anni in qua, voglia vantare meriti che non ha, non ha che dichiararsi antifascista.

Eppure  è da più di mezzo secolo che non c’è università, convegno, incontro, assemblea, libro di successo che non sia dedicato al grande Nemico ufficialmente morto, distrutto, annichilito, impiccato, sfigurato, superato.

Il fascismo che dovrebbe essere annegato nel sangue del Suo fondatore trucidato, il fascismo che dovrebbe essere stato definitivamente seppellito con i suoi eroi (pochi…RSI) e affossato dai suoi disertori (tutti gli altri), te lo ritrovi ovunque: al cinema, in televisione, sulla bocca del guitto miliardario; esplode in rete dove i siti dedicati strabordano di “contatti” e di fan e i discorsi risultano tra i file più ascoltati in assoluto.

E’ possibile mai che  sessantasei anni di antifascismo altro non abbiano prodotto che un odio irriducibile per il fascio o un grande amore? 

Possibile che nei centri sociali, classe 1980-1990, il fascismo sia un’ossessione e “fascio” un mantra?

Possibile che volendo guardare a qualcosa di grande, di emozionante, di impetuoso, gli uomini e le donne di oggi, pure giovanissimi, di meglio non trovino che volgere lo sguardo tanto indietro a quello che sarebbe dovuto essere un cadavere imputridito? 

Che ha detto questo fascismo?

Che è stato, per essere ancora così insistentemente presente? 

Nemmeno gli ultimi decenni di accanimento, di passione per il nulla, di frocismo indomito, di gay-pride animaleschi e di F-rocessioni blasfeme hanno potuto cancellare l’ammirazione che il fascismo suscita in un esercito di gente cui non è stato nemmeno concesso di studiarlo.

E’ un moto assolutamente spontaneo quello di coloro, e sono i migliori, i più sinceri, che non ne hanno letto sui libri, non ne hanno nemmeno ben approfondite le riforme, le realizzazioni e le innovazioni, ma che intuiscono che lì c’era qualcosa di giovane, di bello, di nuovo che oggi non c’è.

Cosa volle il fascismo? “Governare la Nazione”.

A qual fine? “Assicurare la grandezza morale e materiale del popolo italiano”.

Non preoccupava il fascismo la convergenza col socialismo per quel che concerneva la parte tecnica e  amministrativa dello Stato perché il fascismo fu ben al di là del socialismo.

Il fascismo non relegò l’uomo all’ economia, il fascismo fu per l’uomo integrale.

 Ha combattuto, siglando la sua condanna a morte, la massoneria e ha avversato l’uomo- ingordigia del capitalismo.

Oggi combatterebbe l’uomo – istinto del relativismo imperante e l’uomo-perversione della pederastia di massa.

 Intuiscono i nostalgici ventenni e sappiamo noi che il fascismo fu e sarebbe oggi il più radicale avversario, il più implacabile antagonista della grande finanza, rapace, ingorda e predatoria.

  In un’epoca di Monti senza vette e di Prodi senza arditi, l’ “uomo della Provvidenza”, da morto, sconfigge il più micidiale, il più prolungato, il più scientifico, il più colossale batage pubblicitario del mondo…e si riconferma per il Colosso che fu!     

Irma T.M.

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